UNA ARCHITETTURA INTERIORE (NOTE)
Posted by Mariana Scaravilli on Sep 7, 2017

 

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Prolegomeni
A volte la musica ci prende in confidenza 

I
La Mia Vita Nell’Atto Della Musica 

II
Le Tre Discipline

III
Processo

IV
Tecniche Del Mestiere:

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praticare la persona

i
fare nulla

ii
guardare

iii
muori per poter nascere

iv
abbandonare le cattive abitudini

v
acquisire buone abitudini

vi
il nuovo Crafty

vii
fare qualcosa efficientemente

viii
essere una persona efficiente

ix
essere dove siamo

V
Mondi

VI
Muoversi Attraverso I Mondi

 

 

La Disciplina E L’Atto Della Musica

i           Che si possa avere fiducia nella benevolenza inesprimibile dell’Impulso Creativo.

ii          Un approccio teorico alla disciplina non è di grande aiuto.

iii        Questa non può essere l’ultima parola sull’argomento.

iv         Né la presento come autorevole.

 

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Prolegomeni
a volte la musica ci prende in confidenza

i           La musica desidera così tanto essere ascoltata che a volte fa appello a personaggi improbabili per dare loro voce, e udito. A volte la musica si protende verso di noi e ci prende in confidenza. Gli angeli discendono. Poi la musica si nasconde. La domanda per l’aspirante musicista diventa: dove è andata la musica?

ii         La disciplina riguarda la qualità del nostro aspettare, sentire, rispondere. E del fare nulla.

iii        L’atto della musica è la musica. L’atto della musica è eterno. La musica è una qualità organizzata in suono e tempo. Questa qualità è eterna. Una disciplina riguarda tre tipi di tempo:

            tempo sequenziale, eternità, tempo creativo.

Nel mondo del tempo creativo, quando viene presa una decisione, l’azione ha già avuto luogo. Nel mondo del tempo sequenziale, questo viene avvertito come il futuro che si protende all’indietro trascinando una successione di eventi verso il risultato.

Il nostro coinvolgimento in questo processo è mantenuto dalla disciplina.

iv        La disciplina conferisce efficacia nel tempo. Per cui, possiamo dire che la disciplina riguarda:

la durata della nostra consapevolezza;
l’estensione del nostro momento personale;
l’espandersi del nostro momento presente per occuparsi di compiti specifici;
e che questo atto ha luogo all’interno della società e della comunità.

v          La disciplina e la musica sono affermazioni: siamo a tempo, intonati e accordati? Siamo in armonia, con noi stessi e con la collettività?

 

I
La Mia Vita Nell’Atto Della Musica

i           Io non ho alcuna qualifica e ho molta esperienza.

ii         Il giovane Fripp ha iniziato a suonare la chitarra il 24 Dicembre 1957. Il giovane Fripp era stonato e privo di senso del ritmo. Eppure in tre mesi sapeva già che quella era la sua vita. Sapeva anche che sarebbe stato un agente immobiliare, e che da grande avrebbe gestito la piccola ditta di provincia di suo Padre.

iii        Ciò implica che ognuno di noi ha più di un futuro a disposizione.

            Uno è il futuro che deriva dalle condizioni della nostra vita.
            Un altro futuro è il futuro possibile per noi.

Fino a che punto siamo capaci di costruirlo dipende in gran parte dal grado di disciplina che riusciamo ad acquisire.

iv        La mia vita nell’atto della musica, dal vivo sin dal 1959, ebbe inizio come studente della Kathleen Gartell’s Corfe Mullen School of Music progredendo dagli alberghi di Bournemouth ai King Crimson. Questa esperienza mi suggerisce che:

            Non è possibile che il musicista suoni la musica.
            Ma è possibile che il musicista sia suonato dalla musica.

Lo scopo del musicista è di creare una struttura attraverso la quale la Musica possa entrare nel nostro mondo.

 

II
Le Tre Discipline

i           Il musicista ha tre strumenti: le mani, la testa e il cuore.

Tre parole descrivono comunemente il funzionamento delle mani, della testa e del cuore:

            Fare;
            Pensare;
            Sentire.

Nel gergo musicale, di solito, ci si riferisce a queste tre aree semplicemente come tecnica, idee, sentimento.

ii         diversi tipi funzionali

Ognuno di noi è più portato verso uno, o due, di questi strumenti.

Potremmo essere in grado di riconoscere negli altri, forse più facilmente che in noi stessi, i diversi tipi funzionali: persone che tendono verso una maggiore fisicità, o più razionali, o più emotive.

iii        Questi tre strumenti sono necessari per formulare giudizi. Quando i sensi non sono sufficienti a prendere una decisione – ha un buon aspetto, un buon odore, ma è ok? Oppure quando un ragionamento può essere convincente o meno; le emozioni possono giudicare: questo lo sento giusto, oppure no.

 

III
Processo

i.          La disciplina è anche un processo.

La disciplina viene “acquisita” in diversi stadi. Con l’esperienza, cominciamo a riconoscere le qualità specifiche di ognuno di questi stadi. Ci sono tre stadi: l’inizio, la fase intermedia, e la fine. Ogni stadio ha esso stesso tre gradi: l’inizio, la fase intermedia, e la fine. Questo fornisce nove punti in ogni processo completo nel quale abbiano luogo cambiamenti qualitativi.

 ii.          Un processo può terminare in tre modi:

Una fine, in cui si perde qualcosa;
Una conclusione, in cui niente viene perduto ma non si guadagna molto;
Un completamento, che è un nuovo inizio.

iii.          Il processo di acquisizione della disciplina è un passare dall’attività meccanica all’azione intenzionale. Il processo della disciplina mira a

  1. Co-ordinare le funzioni – le tre tipologie del fare – le mani, la testa e il cuore: a volte questa viene chiamata “l’armonizzazione del funzionamento”;
  2. Ottenere la coerenza nel grado e nell’intensità in cui siamo ciò che siamo; cioè, la nostra unità interiore o “essenza”;
  3. Unificare le nostre intenzioni: così che tutto quello che facciamo serva lo stesso scopo; quindi accettiamo le direttive dal comando centrale del nostro “Quartier Generale Mondiale”.

Realizziamo questo passaggio dall’attività meccanica all’azione intenzionale praticando la disciplina di ognuna delle funzioni, la loro coordinazione, e quindi la loro armonizzazione.

Attraverso la nostra applicazione a questa pratica, generiamo energia.

Quando questa energia è disponibile, si può riuscire a metterne un po’ in banca. Così questa “moneta risparmiata” sarà poi disponibile per futuri investimenti.

iv.          Stadi e gradi

I tre stadi di ogni disciplina sono questi:

            Ingiunzione;
            applicazione;
            verifica.

Cominciamo da dove siamo, e sblocchiamo il nostro momento attraverso il fare nulla, e osservando mentre facciamo nulla.

Ci spostiamo da dove siamo, introducendo flessibilità nel nostro funzionamento, abbandonando le “cattive abitudini” e acquisendo “buone abitudini”.

Diventiamo chi siamo, facendo qualcosa con efficienza e diventando una persona efficiente.

Poi, ricominciamo.

0                    Cominciamo da dove siamo
1                    Fare nulla
2                    Guardare mentre si fa nulla

3                    Ci muoviamo da dove siamo
4                    Abbandonare le “cattive” abitudini
5                    Acquisire “buone” abitudini

6                    Divenire chi siamo
7                    Fare qualcosa di efficiente
8                    Essere una persona efficiente
9/0                 Essere dove siamo

Quando arriviamo dove siamo, come fosse la prima volta, cominciamo ad “acquisire consistenza”, quindi a essere coesi. Cominciamo ad essere la nostra propria persona.

Ma chi siamo potrebbe intralciare. Così, ricominciando, riconosciamo che rimanere aggrappati a chi siamo, ad essere qualcosa,  intralcia la musica nel suo flusso. Quindi abbandoniamo chi siamo e ricominciamo. A un certo punto di un maturo processo di vita, questo ci conferisce:

            Flessibilità;
            Presenza;
            Coinvolgimento;
            Separazione;
            Giudizio;
            Spontaneità.

A che punto tutto questo è così, dipende dalla nostra capacità di sopportare la sofferenza.

 

IV
Le Tecniche Del Mestiere:

 

0
praticare la persona

Dunque, ogni stadio ha un focus primario, ed esercizi ai quali fare riferimento:

            Le funzioni;
            Il grado con il quale acquisiamo consistenza (essere);
            L’aggregazione della nostra intenzione.

Questo si traduce in sei strategie di pratica, governate soprattutto dal nostro personale stadio di sviluppo, più una settima strategia invisibile.

            Fare nulla;
            Guardare mentre si fa nulla;
            Abbandonare le cattive abitudini;
            Acquisire buone abitudini;
            Fare qualcosa con le buone abitudini;
            Essere qualcuno con buone abitudini.

 

i
fare nulla 

Cominciamo da dove siamo. Quindi, prima di muoverci, meglio sapere dove siamo. Prima di muoverci da A a B, è meglio sapere di essere in A.

Quindi, prima di fare qualcosa, non facciamo nulla. Fare nulla è molto difficile. Anche quando crediamo che non stiamo facendo nulla, mettiamo un’enorme e inutile quantità di energia nel nostro fare nulla. Giocherelliamo, la mente crepita, le passioni infuriano.

Tecnica: rilassamento fisico.
Tecnica: sfinimento fisico: così da esaurire l’energia e non essere più in grado di fare qualcosa nel modo abituale.

 

ii
Guardare

i.      

Mentre facciamo nulla, forse in una modalità rilassata, vegliamo, guardiamo, osserviamo: noi stessi, ciò che ci circonda, le persone intorno a noi, e le interazioni e le interrelazioni tra queste.

ii.     

Guardiamo a noi stessi come se stessimo guardando un amico a cui vogliamo bene: imparzialmente, senza giudizio, senza critica. Guardiamo semplicemente. Con il tempo, raccogliamo informazioni su questo animale nel quale abitiamo: cosa fa in circostanze ricorrenti, cosa prova e cosa pensa di queste circostanze particolari. Notiamo come ciò che prova e pensa e fa si influenzano l’un l’altro.

iii.     

Impariamo cosa possiamo chiedere alla creatura di fare, notiamo dove è pronto ad accettare una direttiva, in cosa si rifiuta di ricevere istruzioni, quando entra in sciopero.

iv.     

Anche se non abbiamo fatto niente, qualcosa è cambiato semplicemente attraverso il guardare. Quando una piccola parte di un insieme cambia, cambia il tutto. Una piccola variazione e, come in un battito d’ali di farfalla, avviene un cambiamento nell’intera economia ed ecologia dell’essere umano.

v.     

Quattro qualità del guardare:

Vedere

Guardare                     Osservare

Fissare

vi.      

È stato costruito un osservatore all’interno della nostra personalità, dove una parte di noi si sta abituando a guardare un’altra parte di noi.

La nostra energia non sta più scorrendo tutta nei canali consueti

La nostra attenzione è stata divisa.

vii.      

Un giorno, mentre guardiamo, avviene un cambiamento. Ci spostiamo dal guardare al vedere.

viii.      

Quando abbiamo acquisito più informazioni mentre facciamo nulla, cominciamo delicatamente e gradualmente a vedere cosa è possibile in merito all’acquisizione di una tecnica efficiente.

 

iii
muori per poter nascere

Questo secondo e più ampio stadio del processo è quello in cui ci occupiamo del rifornimento di energia.

Energia

 

i              La quantità di energia

La direttiva fondamentale:

            onora la necessità;
            onora la sufficienza. 

L’energia serve ad ognuno degli strumenti (le mani, la testa e il cuore) per funzionare. Una disciplina si occupa dell’uso corretto dell’energia; cioè, la quantità, la qualità e l’intensità della fornitura di energia; e come viene usata: prese insieme, l’economia e l’ecologia della fornitura di energia.

 

            La quantità di energia:

            quanta è naturalmente disponibile;
            quanta ne viene usata necessariamente in compiti specifici;
            le abitudini costose e dispendiose;
            riparare le perdite;
            l’acquisizione o generazione di più energia quando e dove sia necessaria.

Esistono pratiche ed esercizi specifici per incrementare la quantità, qualità e intensità di energia a noi disponibile. Molti di questi vengono convenzionalmente presentati  con il Sitting Della Mattina. Per lo più, riguardano il respiro e il respirare, il prendere “elementi attivi” dall’aria e, il “caricare le batterie”. Anche il digiuno riguarda la nostra economia energetica.

Queste sono pratiche da introdurre di persona e da intraprendere in un contesto guidato…

ii              Qualità dell’energia

Ci sono diversi tipi di funzionamento. Ci sono anche diverse qualità di energia.

Tradizionalmente, una disciplina distingue quattro qualità operative, di funzionamento, con le quali abbiamo bisogno di acquisire familiarità; noi impariamo a riconoscere quando queste qualità operative sono presenti.

Le quattro qualità del funzionamento a volte vengono denominate automatica, sensibile, conscia e creativa.

iii      Intensità dell’energia

Questa è governata dall’intenzione.

L’intenzione definisce i confini e contiene l’azione o il compito che sta per essere intrapreso.

            Definisci lo spazio;
            organizza lo spazio;
            proteggi lo spazio;
            mantieni lo spazio.

iv            Aspetti sottili

Quando cominciamo a sperimentare la materialità del pensiero e l’effetto tangibile delle emozioni, quasi fossero azioni materiali (e in un certo senso lo sono), possiamo iniziare un lavoro più sottile. Cominciamo ad occuparci delle diverse qualità dell’energia a noi disponibile.

Questo non possiamo farlo attraverso i libri, anche se i libri sono utili quando conosciamo la strada. L’aforisma qui è: i cartelli indicatori sono utili quando sappiamo dove stiamo andando. Ciò implica che alcuni libri sono scritti per quelli che già conoscono la loro strada. Potrebbero anche essere scritti a mo’ di bandiera che sventola per chiunque possa essere attratto o interessato in quella direzione. Se siamo interessati, ma non sappiamo, il passo successivo è trovare qualcuno che sa:

            primo, siamo ignoranti;
            secondo, riconosciamo la nostra ignoranza;
            terzo, ammettiamo la nostra ignoranza;
            quarto, procediamo ad occuparci della nostra ignoranza.

Troviamo qualcuno che sia già stato lì.

 

iv
abbandonare le cattive abitudini

i.                    Il mondo automatico è il mondo delle reazioni abituali, dell’attività meccanica.

In sintesi, abbiamo buone abitudini e “cattive” abitudini.

Le “buone” abitudini sono efficienti. Un’economia energetica efficiente aumenta le probabilità che si riesca a realizzare nella vita ciò che per noi è possibile. Cioè, la nostra vita può servire lo scopo per il quale siamo nati.

Le “cattive” abitudini, in questo contesto, sprecano energia. Avere abitudini “cattive” non implica necessariamente essere una “cattiva persona”, né indegna, né immorale, né odiosa, né uno che tormenta piccoli animali. Significa che rischiamo di fallire nel nostro potenziale di vita. Questa è una piccola tragedia ma, vista dal punto di vista dell’utilità, è allarmante.

Una disciplina mira a rendere efficienti le nostre reazioni abituali. I nostri processi meccanici e automatici sono condizionati, o programmati, attraverso l’allenamento. Quando le nostre funzioni operano in modo efficiente, l’attenzione e l’energia necessarie, da investire nell’attività delle nostre funzioni, sono minime. La nostra attenzione volontaria è quindi libera di sovraintendere al compito che stiamo svolgendo, quindi di mantenere una visione d’insieme delle tre funzioni; cioè, dell’operatività dei tre strumenti, che lavorano individualmente e insieme.

ii.                     Le diverse parti del corpo, funzionando in modo meccanico, si bloccano l’un l’altra nello stesso schema abituale; ad esempio il blocco mano-bocca; il blocco espressione accigliata-mano.

Quasi tutte le nostre attività nel mondo di tutti i giorni possono essere svolte dal corpo in maniera automatica, senza riferimento al pensiero o alle emozioni. Questo fatto è impressionante, e anche terrificante.

iii.                    Le emozioni in modalità automatica: simpatie e antipatie; pregiudizio.

a)        La testa in modalità automatica: le fissazioni.
b)       I tre strumenti lavorano insieme automaticamente, ognuno innesca l’altro/gli altri in una serie di operazioni meccaniche, che sono tutte rapportate al passato.

Se desideriamo vedere dove siamo, dove viviamo, la nostra stazione, il nostro normale centro di gravità – basta cambiare la velocità di una qualsiasi operazione / funzione abituale.

iv.                    liberare energia / energia bloccata

Il rilascio dell’energia bloccata in schemi fisici, psicologici ed emozionali. Molti di questi sono un risultato di esperienze inappropriate nell’infanzia, in famiglia e nella scuola.

Punto cieco.
Panico da palco. Chi ha paura?

(Durante il corso, a S. Cugat dal 3 al 11 Luglio 2009, il termine resistenze è apparso diverse volte nei commenti e nelle osservazioni).

v.                     Riparare le perdite

Il reagire consuma energia.

Gli schemi interni ed esterni si rinforzano a vicenda non appena la reazione-interna si sposta all’esterno nel comportamento e nell’ambiente sociale, causando ripercussioni.

            Rabbia. Esprimere rabbia; vedi gli approcci Americano e Inglese.
            Il parlare inutile: la bocca - a - motore e la macchina parlante.
            Sogno ad occhi aperti, fantasticare.
            Idolatria all’altare di S. Onano.
            Irrequietezza e tic: boobysmo.

Queste cose sono dispendiose, distruttive e ci rovinano la vita.

L’attenzione attratta: l’energia ci viene risucchiata ad esempio dall’espositore dei quotidiani.
Ostilità e volontà malata: una conseguenza inevitabile della vita pubblica.

Rimedi:

Il continuo agitarsi e il respiro corto si affrontano con il rilassamento.
La rabbia si affronta con il coltivare la buona volontà e la compassione.
Il ronzio della mente meccanica o della mente-scimmia si affronta con il “calmare la mente”.

Quelli che hanno esperienza di meditazione, o una pratica del sitting, sono consapevoli che la mente non è mai ferma. Comunque, la nostra attenzione non ha bisogno di seguire la mente che svolazza ronzando – nello Scantinato.

Il nostro pensiero associativo non si ferma mai finché siamo in vita. Corre sempre nello Scantinato: questo è necessario.
Ma non è necessario restarci seduti accanto.

vi.                   Funzionamento con un centro

Parti diverse di un centro influiscono su altre parti dello stesso centro;

es.        una parte del corpo influisce su altre parti del corpo:

            Les Bouches de Paris.
            La bocca alla suono-più-veloce: blocco bocca-mano.
            Blocco mano-occhi.
            Blocco mano-smorfia.
            Collegamento comportamentale: lenzuola pulite e in ordine.
            Come viviamo la vita è come pratichiamo la chitarra; e quello che ne consegue.

es.        il cuore:
            La rabbia e il mantenere la buona disposizione d’animo.

es         la testa:
            Mente ronzante: trattenere un’immagine; esercizi mentali intenzionali.

vii.                    Funzionamento a due e tre centri

Il lavoro su un centro coinvolge il funzionamento degli altri centri.
Quando un centro si rilassa, gli altri centri si rilassano in risposta.
Allora chiediamo l’aiuto di due centri per agire sul terzo.

Abitudini fisiche: il desiderio di cambiare, e mantenere dinanzi a sé le informazioni su cosa fare, mentre ci rilassiamo fisicamente.

Abitudini emotive: antipatia o rabbia. Queste sono più difficili da sostenere quando siamo in uno stato di rilassamento, una foto di qualcuno che amiamo o un’immagine sacra, mentre coltiviamo un sentimento di buona volontà.

La mente-scimmia: il ronzio della mente meccanica. Impostiamo la mente su un compito specifico, mentre manteniamo uno stato fisico presente e rilassato, e coltiviamo un senso di buona volontà.

viii.                    shock

shock esterno. Impara ad usarlo. Ribaltalo.

Ma non possiamo farci affidamento.

Opportunità: Un bambino che piange. Qualcuno che ci irrita. Il rumore del traffico – un clacson.

shock interno. Sfida. Un pointed stick. Ci creiamo da soli uno shock ponendoci una sfida.

I livelli inferiori di operatività si affrontano meglio con:

            Una piccola sfida, ripetuta o continua.
            Una serie di piccole sfide di vario genere; es. ciò che è possibile + 10%.
            Cilicio.

Livelli più alti di operatività si affrontano meglio con una sfida grande, una che si possa affrontare solo con un cambiamento di stato.

ix.                   droghe

Lo strumento umano può attivare meccanismi di protezione interni quando viene investito dall’intensità del mondo “superiore” (un mondo dove il contenuto di informazioni è maggiore, più veloce e più intenso), se la nostra ricettività è ad un livello inferiore. Ad esempio, perdiamo i sensi.

La nostra capacità di gestire il flusso di informazioni è governata dal nostro essere. Alcune droghe aprono le porte ad archivi che contengono informazioni di qualità, ma limitano anche la nostra capacità di chiudere il collegamento quando il flusso è eccessivo, o la luce è troppo forte, o l’esperienza troppo intensa per essere sopportata e assorbita.

Una pratica consolidata ci prepara psicologicamente, emotivamente e fisicamente per i momenti di alto flusso di informazioni. Altrimenti, il nostro sistema potrebbe piantarsi. In casi gravi, i programmi di default non si riattivano. Il riavvio fa perdere molte informazioni e tempo. Nel sistema umano, quando partono i fusibili potrebbe essere impossibile sostituirli.

Le droghe sono incompatibili con una disciplina personale. Ho incontrato molte persone che contestano questa affermazione. Non ho incontrato nessuno che avesse una disciplina personale radicata, che contesti questa affermazione.

x.                    il grande bivio

L’esperienza insegna che il periodo necessario per abbandonare le cattive abitudini, prima di poterle sostituire con buone abitudini, dura per sempre più un anno.

 

v
Acquisire buone abitudini

i.                   Sono necessarie informazioni di mestiere. Un insegnante o un istruttore. Altrimenti, sostituiremo le cattive abitudini con altre cattive abitudini. La battuta:

Sono stato istruito da uno scemo che non sapeva di cosa parlava.
Chi era?
Sono autodidatta.

La vita è troppo breve per imparare solo dai nostri errori.

Miriamo a stabilire una pratica efficiente in cui niente vada sprecato. A questo non c’è fine.

La nostra pratica viene progressivamente rifinita.

ii.                   Esercizi

Fisici:

Rilassamento. Sviluppo di quiete fisica sia a riposo che in movimento.
Muoversi mentre si mantiene un senso della propria presenza personale.
Indipendenza delle mani, degli occhi e della bocca.

Lo sforzo senza sforzo: le nostre energie cominciano ad aggregarsi.

Mentali:

“Calmare la mente”.
Contare e suonare.
Formazione di immagini e mantenimento di schemi.
Vedere integralmente: questo conferisce un senso di espansione del momento presente.

Emotivi:

Il coltivare la buona disposizione d’animo, compassionevole e in grado di accettare.

Funzionamento bilanciato:

seguire un processo fino al suo completamento coinvolge tutti i centri.

 

Altri esercizi:

Divisione dell’Attenzione.
Assunzione della Virtù.
Lavoro del Giorno.
Esercizio della applicazione qualitativa: ci prefissiamo di fare una piccola cosa, in modo superbo.
Il principio è: una qualità non è governata dai numeri.
Così, un piccolo atto di qualità è grande quanto un grande atto di qualità;
es.  la parabola  della Vedova.
Suonare: sviluppa la spontaneità.

iii.            generare energia

a)         Lavoro intenzionale:

Quando riusciamo a completare onorabilmente una parte di lavoro intenzionale, questo lavoro rilascia energia; che potrebbe addirittura essere trasferita ai conti bancari di altri.

Poniamo una richiesta al nostro comportamento abituale. Questo crea un attrito, una tensione, che rilascia una sorta di “calore”. Come ricompensa, possiamo fruire di una parte di questo “calore”. Potremo quindi metterlo in banca, investirlo per il futuro, festeggiare, o gettarlo dalla finestra.

b)        Esistono anche esercizi e pratiche specifiche per questo fine; es.

            il digiuno;
            gli esercizi di respirazione.

iv.            accesso all’energia

Ci sono luoghi e persone che sono riserve di energia, se conosciamo i luoghi, se conosciamo le persone.

 

vi
il nuovo Crafty

Ricominciamo, essendo partiti da dove eravamo, e occupandoci di diventare dove siamo.

Per questo, ora potremmo avere il profilo della struttura di un’architettura interiore.

i.            architettura interiore

Una disciplina sostiene la costruzione di un’architettura interiore. Questa è un corpo di esercizi che ci sostiene durante tutta la giornata, per quanto lunga possa essere.

Questo ha inizio quando i nostri piedi toccano il pavimento la mattina, fino a quando la nostra testa tocca il cuscino la sera.

ii.            La disciplina conferisce la capacità di diventare efficaci nel tempo.

La disciplina è sapere cosa siamo in grado di intraprendere onorabilmente, e in cosa possiamo impegnarci con la sicurezza che porteremo a termine l’impresa con affidabilità, sicurezza, certezza. Siamo capaci di prendere decisioni.

            Durata dell’attenzione di 90 minuti.
            Libertà da ciò che ci piace e ciò che non ci piace.
            Visione integrale: senso di insieme in ogni cosa che si intraprende.

Qualcosa ha cominciato a consolidarsi. Stiamo cominciando ad essere noi stessi.

            Flessibilità
            Coerenza/Presenza
            Coinvolgimento
            Separazione
            Giudizio
            Spontaneità

Quanto questo sia vero dipende dalla nostra capacità di sopportare la sofferenza.
Sofferenza necessaria e non necessaria.
Sofferenza necessaria: sofferenza volontaria e sofferenza intenzionale.

 

vii
fare qualcosa in modo efficiente

Questo è tradizionalmente il momento in cui sottoponiamo noi stessi e il nostro lavoro alla verifica da parte di un’autorità del settore.

 

viii
essere una persona efficiente

Se il nostro lavoro è valido, veniamo riconosciuti e accreditati al nostro livello o grado di capacità.

 

ix
essere dove siamo

Ma qualcosa può intralciarci. Così, nel ricominciare, riconosciamo che rimanendo attaccati a chi siamo, ad essere qualcosa,  persino questo può intralciare il flusso della musica.

Così abbandoniamo chi siamo e ricominciamo.

 

V
Mondi

i.     Convenzionalmente e tradizionalmente, esistono quattro qualità distinte di funzionamento, di fare esperienza, di fare, o stati di presenza, o stati di coscienza, ai quali si fa riferimento come “mondi”.

 

Il mondo automatico, meccanico, o abituale.
Il mondo della consapevolezza, o dell’essere vigili, o della sensibilità.
Il mondo cosciente, in cui siamo consapevoli della nostra consapevolezza.
Il mondo creativo. Per il momento non dirò nulla su questo, supponendo che tutti sappiamo che senso dare alla parola, sapendo al contempo che in effetti non lo sappiamo.

Parole chiave in relazione con questi mondi:

 

sonno e incidente;
notare e contatto;
separazione, giudizio, intenzione e decisione;
ex nihilo. Letteralmente, dal nulla. Da dove è uscito fuori?

i.     mondi

Tradizionalmente e convenzionalmente, ci si riferisce a queste diverse qualità dell’esperienza con “mondi”. A seconda della tradizione, viene presentato un numero variabile di mondi  disponibili all’essere umano. Diverse tradizioni suggeriscono che esistano quattro mondi di interesse primario. In questo contesto, suggerisco questi:

I mondi dell’apprendista, dell’artigiano, del musicista maestro, del genio.

Il lavoro dell’apprendista si occupa soprattutto del lavoro automatico. Cioè, è in grado di suonare le note sul suo strumento. A questo livello lo strumentista può essere al massimo un buon meccanico. Questa è già a suo modo una conquista. Ma a un meccanico manca il contatto con il suo suonare: lui è il suo suonare.

Al professionista si chiede di portare la consapevolezza di ciò che fa nel suo suonare. Il suo suonare è qualcosa che lui fa, piuttosto che qualcosa che in lui viene fatto. Per il professionista, la musica serve il proprio fine o scopo nella vita.

Per il maestro, il musicista serve la musica. La sua vita è dedicata a seguire la Musa. Questa non è tanto una professione quanto una vocazione.

Il genio è inseparabile dalla musica. In un certo senso, il genio è la Musa incarnata.

 

VI
Muoversi Attraverso I Mondi

i.     Stati e stazioni

Quando accediamo ad una pratica, o allenamento nella disciplina, impariamo a distinguere tra stati e stazioni. Lo stato è dove ci troviamo in questo momento, una stazione è dove viviamo. Potremmo considerare dove siamo in visita uno “stato” dell’essere.

Anche se stiamo nello scantinato, possiamo fare l’esperienza di un mondo più sottile, un mondo  con maggiore finezza di percezione e di esperienza. Il mondo sottile è sempre presente in noi: la questione è sapere questa cosa in modo diretto. Il primo scopo di ogni disciplina è di creare un ponte tra il sottile e il materiale.

La creazione di questo “ponte” permette quindi al mondo sottile di collegarsi direttamente con il mondo materiale. La creazione del ponte è potenziale: non è inevitabile che avvenga, né che abbia luogo per una felice coincidenza.

Quando il nostro “ponte” comincia a consolidarsi, a diventare sempre più “sostanziale”, il nostro muoverci tra i mondi aumenta. Cioè, la nostra esperienza diventa più profonda, più ricca. L’“esistenza” di questi “mondi” più sottili non è più una questione di congetture o di discussione. È un fatto.

ii.   Poiché i mondi si compenetrano, ovvero il flusso di informazioni più intenso può agire all’interno di quello più ampio, più in basso nella catena alimentare della musicalità potremmo ritrovarci a imbatterci in informazioni di qualità superiore, persino quando ci troviamo nel nostro mondo “inferiore”. Cioè, potremmo fare esperienza dell’azione dei “mondi superiori” anche se viviamo nel mondo dell’ Allegro Orchestrale.

Tutto cambia quando “cambiamo mondo”.
Il “prezzo di ammissione” è diverso per ciascun mondo.
Ogni mondo ha un diverso tipo di tempo esperenziale.
La comunicazione è differente in ciascun mondo. Nel mondo creativo la comunicazione è istantanea.

iii.            Intensità

Un mondo “superiore” è un mondo di maggiore intensità. Un altro modo di metterla è: il contenuto informativo è molto più elevato, e l’informazione è di qualità, quantità e intensità superiori.

È insopportabile fare esperienza di un mondo superiore quando si è  in un mondo inferiore.

Non è difficile avere “esperienze”. Il desiderio di “esperienze” in uno studente è un’indicazione di immaturità. A meno che lo studente sia preparato, queste esperienze possono causare danni emotivi e psicologici. Un’apertura disciplinata delle porte consente anche di richiudere le porte.

Quando veniamo ammessi ad un mondo più intenso, sia per nostra iniziativa, o perché abbiamo pagato il prezzo di ammissione in anticipo, tutto cambia.

Quello che c’è in quel mondo può semplicemente apparirci davanti. A volte, ci arriva come di sua propria volontà. A volte, entriamo in contatto con gli abitanti di quel mondo. A volte, vediamo persino quel mondo nei suoi stessi termini. Dalla prospettiva di un mondo “inferiore”, quando riscendiamo sulla terra, ciò che conosciamo e raccontiamo di questa esperienza è solo un’eco lontana della verità, una interpretazione.

Sabato 3 Febbraio 2001;
The PRS John Lennon Memorial Lecture;
Presented in Sir Jack Lyons' Concert Hall, York University, England.

 

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